Ne abbiamo tutti sentito parlare, e magari lo abbiamo anche bevuto, ma sappiamo davvero cos’è il vino biologico e come si produce? Perché è diventato così ricercato e quali sono le differenze tra le modalità di produzione e tra le diverse classificazioni e certificazioni? Scopriamolo insieme nella Guida Ufficiale Gorghi Tondi ai Vini Biologici.

I vigneti Gorghi Tondi in cui si produce vino biologico
I vigneti Gorghi Tondi

Produzione convenzionale, biologica, biodinamica: una panoramica

Da bravi appassionati di vino avrete assistito o partecipato a una discussione su come viene fatto il vino. E avrete di certo sentito parlare di vini da agricoltura biologica, biodinamici, “naturali” o, addirittura, vegani. Una grande diversità, certo, ma anche un bel po’ di confusione per il consumatore. Ed ecco perché cerchiamo di venirvi in aiuto con questo articolo, per tentare di dipanare questa complicata matassa. Ma prima di analizzare i termini più usati (e abusati) del mondo del vino, facciamo chiarezza su un punto cruciale, che tanto fa discutere. Parlare di vino naturale può essere considerata una contraddizione, poiché il vino non esiste in natura: è il risultato di conoscenze, attività e lavoro dell’uomo. Chiarito questo concetto, è ovvio che esistano diversi modi per farlo, scelti dai singoli produttori, che possono essere definiti convenzionali oppure no. Partiamo dai vini convenzionali.

Convenzionale

vini convenzionali sono quelli prodotti nel rispetto delle normali leggi alimentari italiane ed europee, che specificano le modalità di coltivazione della vite, i processi di produzione del vino in cantina e i divieti e le definizioni per la sua produzione e commercializzazione. Ciò significa, ad esempio, che chi produce vino convenzionale:

  • in vigna può utilizzare prodotti chimici come fertilizzanti, diserbanti e pesticidi per tenere lontane le malattie e gli insetti;
  • in cantina può fare uso di additivi e tecniche di produzione talvolta molto invasive.

Di contro, i vini non convenzionali sono tutti quelli prodotti seguendo metodologie diverse o alternative allo standard e che, spesso, seguono regole specifiche, stilate da entità governative o private, talvolta più restrittive, come nel caso della produzione biologica o biodinamica.

Biologica

Il termine biologico deriva dal greco bios, e cioè vita.

L’agricoltura biologica ha l’obiettivo di migliorare la naturale fertilità del suolo, favorendola con interventi limitati; promuove la biodiversità delle specie locali, sia vegetali che animali, e degli equilibri ecologici. Il biologico vieta l’utilizzo di prodotti di sintesi come:

  • anticrittogamici;
  • concimi;
  • diserbanti;
  • fertilizzanti;
  • insetticidi;
  • organismi geneticamente modificati (OGM).

Promuove quindi un uso responsabile di energia e risorse naturali. Tende, pertanto, ad avere un impatto ambientale ridotto.

La produzione biologica è l’unica controllata in base a leggi europee e nazionali. Non si fonda, quindi, su autodichiarazioni del produttore ma su di un sistema di controllo uniforme in tutta l’Unione europea. L’azienda che vuole “fare biologico” manifesta la propria intenzione agli enti competenti e agli organismi di controllo autorizzati.

Il vino biologico che ne deriva è, di conseguenza, un prodotto “certificato” e definito giuridicamente dalla normativa comunitaria. Questa, sotto forma di regolamenti, contiene tutte le indicazioni di produzione e le limitazioni di intervento durante le fasi di realizzazione del vino, dal vigneto alla bottiglia. Queste norme sono concepite per fornire una struttura chiara alla produzione di prodotti biologici in tutta l’UE. L’intento è soddisfare la domanda di prodotti biologici affidabili da parte dei consumatori, creando così un mercato equo per i produttori, i distributori e i rivenditori.

È previsto un periodo di conversione dall’agricoltura convenzionale a quella biologica di 3 anni, passato il quale è possibile usare la definizione “vino biologico” e apporre il logo comunitario in etichetta.

Biodinamica

Non esiste ancora, da un punto di vista normativo, la definizione di vino biodinamico.

L’approccio biodinamico all’agricoltura è un insieme di pratiche derivanti dalla visione antropofisica di Rudolf Steiner che, negli anni Venti, tenne una serie di lezioni sull’agricoltura relative alla fertilità del suolo e alle forze cosmiche e spirituali che impregnano il nostro mondo. Più che un metodo di produzione agricola, si tratta piuttosto di una filosofia. Nella pratica, la biodinamica è simile all’agricoltura biologica, dalla quale si differenzia principalmente per:

  • l’utilizzo di pratiche cosiddette “esoteriche”, tra cui l’utilizzo di alcuni preparati, il più celebre dei quali è il corno-letame;
  • l’attenzione per le fasi lunari;
  • la posizione dei pianeti durante lo sviluppo vegetativo.

Esiste una federazione internazionale privata di produttori biodinamici chiamata Demeter-International, che verifica e approva i vini apponendovi il proprio marchio commerciale. Si tratta dell’unica associazione ecologica, fondata nel 1997, ad aver creato una rete di singoli enti di certificazione presenti su scala mondiale. Rappresenta circa 3.000 produttori in ben 35 paesi. Un processo di verifica completo garantisce la rigida conformità alle norme internazionali interne di produzione e di lavorazione, nonché alle norme organiche applicabili nei vari paesi, in ogni fase del processo, dalla produzione agricola alla lavorazione del prodotto.

Utilizzando uno specifico disciplinare, l’associazione crea di fatto una certificazione di prodotto. Certificazione che per alcune fasi della produzione, si appoggia al disciplinare e ai controlli del regolamento comunitario sul vino biologico. I vini biodinamici possono avere, in alcuni casi, limitazioni più severe rispetto a quest’ultimo.

Cenni storici sul biologico

L’agricoltura biologica muove i primi passi nei primi del Novecento, inizialmente senza essere citata esplicitamente, con il testo “Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura”, nel quale il già citato Rudolf Steiner propone un metodo di coltivazione biodinamica già nel 1924.

Nel 1930, il botanico britannico Sir Albert Howard sviluppa l’idea di un’agricoltura basata su processi naturali piuttosto che artificiali, mentre nel 1940, il connazionale e agronomo Walter James, Barone di Northbourne, utilizza per la prima volta l’espressione organic farming, che definisce l’agricoltura come un’attività da svolgere in totale armonia con l’ambiente naturale. È proprio nel Regno Unito che nasce, nel 1946, la prima associazione per la difesa dell’ambiente, operante nel settore agricolo: la Soil Association. A Versailles, infine, nel 1972 viene fondata la Federation of Organic Agriculture Movements (Ifoam) che raggruppa i principali esponenti del biologico dell’epoca, mentre negli Stati Uniti viene creata l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente 

Bisogna attendere la fine degli anni Ottanta affinché vedano la luce le prime regolamentazioni sul biologico. In particolare, nel 1988, oltre 60 paesi votano contro l’adozione di sementi OGM durante la dodicesima Conferenza scientifica di Ifoam. Nel 1991 vengono invece stabilite, per la prima volta, delle regole per la coltivazione, riassunte nel Regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio del 24 giugno 1991.

Il bio e la normativa europea e nazionale

Per chi di voi ama le normative e volesse farsi una cultura sulle leggi europee e italiane in materia di biologico, ecco i riferimenti alle attuali regole sulla produzione biologica, incluse quelle relative al vino, che sono costitute da:

Da uve biologiche a vino biologico

In Italia, l’utilizzo della definizione “vino biologico” è abbastanza recente e risale al 2012, dopo anni di sostanziale vuoto legislativo.

Uva Biologica dai vigneti Gorghi Tondi
Uva Biologica dai vigneti Gorghi Tondi

È il 1991 quando viene introdotto il regolamento europeo per la produzione di alimenti biologici, che norma la produzione di vegetali biologici, e quindi anche dell’uva. Chiaramente, non si può ancora parlare di prodotto finito “vino biologico”, né tantomeno dichiararlo in etichetta, ma di semplice “vino da uve biologiche”.

Nel 2007 e 2008 vengono pubblicati i nuovi regolamenti comunitari relativi alla produzione biologica. Tuttavia, non vi sono dettagli specifici per il vino e le relative tecniche di produzione. Il vino può essere etichettato e accompagnato dalla dicitura “vino ottenuto da uve biologiche”, senza riportare però il logo biologico dell’Unione europea, all’epoca di forma circolare con la spiga, circondato dalle stelline.

Nel 2012 il vino biologico ottiene, finalmente, il suo riconoscimento, con il Regolamento di esecuzione (UE) n. 203/2012 della Commissione, dell’8 marzo. Qui, si stabiliscono le norme per la produzione di vini biologici, mettendo l’accento anche sulle operazioni di vinificazione, e non soltanto sulla gestione agricola dei vigneti. Solo da questo momento in poi il vino può essere etichettato come “vino biologico” e utilizzare il nuovo logo biologico dell’UE, la cosiddetta euro-leaf o euro-foglia, il marchio rettangolare verde con una foglia fatta di stelline, che siamo abituati a trovare sulle bottiglie di vino e sui prodotti bio in genere.

Dalla vendemmia 2012 tutti i vini prodotti seguendo tale metodo produttivo vengono, di conseguenza, classificati come BIO.

Produzione, restrizioni, etichettatura, enti certificatori

Produzione

Il vino biologico deve essere prodotto con uve provenienti dalla già citata agricoltura biologica certificata, un sistema di produzione agricola definito e disciplinato a livello europeo che bandisce l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi per la concimazione dei terreni, per la lotta alle specie infestanti, ai parassiti animali e alle malattie delle piante. Inoltre, vieta l’uso di OGM e ricorre a pratiche tradizionali di tipo preventivo. Ad esempio la selezione di varietà resistenti alle malattie e l’utilizzo di specifiche tecniche e pratiche di coltivazione, tra cui:

  • la rotazione delle colture, che evita di coltivare per più stagioni consecutive sullo stesso terreno la stessa pianta. Questa tecnica impedisce che parassiti ed erbe infestanti si adattino e proliferino in un ambiente favorevole;
  • la piantumazione di alberi e siepi che ripristina il paesaggio, offre rifugio ai naturali predatori dei parassiti e funge da barriera contro l’inquinamento esterno;
  • la coltivazione contemporanea di piante diverse, l’una sgradita ai parassiti dell’altra;
  • l’impiego di fertilizzanti naturali, come il letame o altre sostanze organiche compostate (ad esempio gli sfalci) e il sovescio. Questo consiste nell’interrare piante seminate ad hoc, come leguminose, erbe spontanee o senape, per arricchire il terreno di sostanze utili a favorirne la fertilità;
  • la difesa delle colture che viene attuata, se necessario, con sostanze naturali di origine vegetale o minerale. Sostanze autorizzate nello stesso regolamento europeo, impiegate per proteggere le coltivazioni dagli attacchi dei parassiti e dalle malattie. Tra queste il rame e lo zolfo sono le più comuni, sebbene in dosi limitate. Vengono, inoltre, utilizzati insetti utili e antagonisti che predano i parassiti.

In vinificazione, sono ammessi pochi additivi e coadiuvanti, tutti di origine biologica certificata e in quantità limitata. Tutte le fasi della produzione, dal vigneto alla bottiglia, devono rispondere al requisito di tracciabilità.

Restrizioni

Il vino biologico viene quindi prodotto “per sottrazione”, semplificando e riducendo di circa la metà l’impiego di sostanze e di coadiuvanti, sia in vigna che in cantina, normalmente ammessi nella produzione di vino convenzionale. Tra le principali restrizioni e limitazioni, la produzione di vino biologico vieta:

  • gli OGM, ovvero di Organismi geneticamente modificati;
  • i prodotti chimici di sintesi;
  • alcune pratiche di cantina invasive;
  • tutto ciò che non è espressamente previsto dal regolamento comunitario.

L’altro punto sostanziale della produzione in biologico è la riduzione del quantitativo di solfiti rispetto ai vini prodotti in maniera convenzionale. Nel vino biologico, infatti, i limiti di anidride solforosa devono essere di:

  • 100 mg/l per i vini rossi secchi (contro i 150 mg/l dello standard);
  • 150 mg/l per i vini bianchi o rosati secchi (contro i 200 mg/l dello standard).

Etichettatura

Il vino biologico, oltre a dover essere conforme alle norme in materia di etichettatura valide per tutti i vini deve anche:

  • contenere l’espressione “vino biologico” nell’etichettatura;
  • includere il logo biologico dell’euro-foglia della UE;
  • indicare il numero di codice dell’organismo di certificazione competente.
Il processo di etichettatura dei vini
Il processo di etichettatura dei vini

Enti certificatori

Il ruolo degli enti certificatori od organismi di controllo è quello di effettuare ispezioni presso le aziende associate con cadenza almeno annuale. La valutazione consiste in un sopralluogo di un rappresentante o auditor dell’organismo che controlla il rispetto delle normative e delle procedure, la tenuta dei registri e, se necessario, il prelievo dei campioni da sottoporre ad analisi, qualora si sospetti una violazione. Tali enti certificatori, autorizzati in Italia dal Ministero delle Politiche Agricole (MiPAAF), devono essere specificatamente riconosciuti da ACCREDIA, l’unico ente accreditatore preposto a livello nazionale. Gli stessi organismi devono rispettare il cosiddetto principio di “terzietà”, e non devono intrattenere altri rapporti commerciali o di consulenza con le aziende certificate.

Ottenere la certificazione biologica e la conseguente possibilità di apporre in etichetta il logo verde “con la fogliolina” non è quindi cosa semplice. Per questo ci sottoponiamo a continui controlli, molto rigidi, da parte di organismi competenti terzi, che attestano il rispetto degli obblighi di legge. L’ente certificatore di Tenuta Gorghi Tondi è CCPB. Come altri enti terzi, CCPB certifica prodotti biologici ed eco-sostenibili, agroalimentari e non, in Europa e nel resto del mondo, essendo un organismo di certificazione equivalente. 

Il logo biologico dell’UE (il logo comunitario)

Il logo biologico dell’UE è un simbolo coerente per i prodotti bio dell’Unione europea, poiché permette:

  • ai consumatori di riconoscere i prodotti bio;
  • ai produttori di commercializzarli;
  • alle autorità competenti di effettuare i relativi controlli.
Il logo biologico dell'Unione Europea
Il logo biologico dell’Unione Europea

È possibile utilizzare il logo biologico comunitario solo su prodotti certificati come tali da un organismo o un’agenzia di controllo autorizzati. Questo conferma al consumatore che hanno soddisfatto condizioni di produzione, trattamento, trasporto e stoccaggio molto rigorose. Il logo si applica solo ai prodotti biologici al 95% e che rispettano regole altrettanto rigide per il restante 5%.

Il logo dell’euro-foglia è obbligatorio per la maggior parte dei prodotti biologici alimentari (ad esempio, non si applica ai prodotti derivanti da caccia o pesca) e segue norme specifiche in etichettatura. In particolare, il logo deve:

  • avere dimensioni minime di 13,5 mm x 9 mm, a eccezione di confezioni molto piccole;
  • utilizzare i colori standard verde e bianco, a eccezione della stampa monocromatica.

Oltre al logo, in etichetta trovate il codice identificativo dell’organismo di controllo e il luogo in cui sono state coltivate le materie prime alla base del prodotto.

Per saperne di più sugli usi del logo biologico, cliccate qui.

Il biologico nel mondo, i mercati più sensibili

Il mondo è sempre più bio e la tendenza è in costante aumento. Il biologico conta oggi 106 miliardi di fatturato3,1 milioni di produttori e 72,3 milioni di ettari che rappresentano l’1,5% dei terreni coltivati nel mondo (dati aggiornati al 2019 e pubblicati sull’ultima edizione dell’annuario statistico The World of Organic Agriculture di FIBL, l’Istituto svizzero di ricerca per l’agricoltura biologica, e Ifoam). Questa tendenza positiva vale anche per i consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità con l’acquisto di cibo e vino biologico.

Un ulteriore fattore capace di incrementare i numeri del bio sono le iniziative politiche contenute nel cosiddetto Green Deal. L’Europa, infatti, si è posta l’obiettivo di aumentare il numero di terreni agricoli condotti in regime biologico di almeno il 25% entro il 2030, e punta a essere il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.

Le produzioni biologiche più importanti

Nel mondo, le colture in biologico più importanti sono rappresentate da: 

  • ulivi (0,9 milioni di ettari);
  • caffè (0,7 milioni di ettari); 
  • noci (0,6 milioni di ettari); 
  • vite (0,5 milioni di ettari); 
  • cacao (0,4 milioni di ettari).

Il numero di produttori biologici nel mondo è aumentato del 13% dal 2018 al 2019. La maggior parte si concentra in Asia (51%). Seguono in classifica l’Africa (27%), l’Europa (14%) e l’America Latina (7%). L’India è il primo paese per numero di produttori.

La più grande superficie coltivata in biologico è appannaggio dell’Australia con 35,7 milioni di ettari, seguita dall’Europa (16,5 milioni) e dall’America Latina (8,3 milioni).

principali mercati per vendita sono gli Stati Uniti (42% del mercato globale con 44,7 € miliardi) seguiti dall’Unione europea (39% con 41,4 € miliardi) e dalla Cina (8% con 8,5 € miliardi).
Il primato per il più alto consumo pro capite, con 344 €, ce l’ha invece la Danimarca, seguita da Svizzera e Austria.

In Europa, l’Italia è il primo paese per numero di produttori biologici, con oltre 80.000 aziende. Si piazza al terzo posto per superficie coltivata, con 2 milioni di ettari, dietro a Spagna (2,4 milioni) e Francia (2,2 milioni). Anche per mercato interno, il nostro paese si classifica al terzo posto con 3,6 € miliardi, dietro a Germania (12 € miliardi) e Francia (11,3 € miliardi).

Sicilia: la regione più bio d’Italia

La Sicilia è la regione più bio d’Italia. Lo conferma anche “Bio in cifre 2020”, il rapporto elaborato dal SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica) per il Mipaaf relativi all’anno 2019.

Il 51% della superficie coltivata in biologico in Italia è condivisa da quattro regioni, tre di queste al Sud: Sicilia (370.622 ettari), Puglia (266.274 ettari), Calabria (208.292 ettari) ed Emilia-Romagna (166.525 ettari).

Anche per numero di operatori, la nostra isola conserva il primato della produzione biologica, con 10.596 aziende delle oltre 80.000 presenti a livello nazionale.

Il vino biologico in Sicilia

Parlando strettamente di vino biologico, le dinamiche non cambiano. Il vigneto bio è la seconda coltura sull’isola, dopo quella cerealicola, con ben 30.084 ettari, ed è il più esteso a livello nazionale (34%), con la provincia di Trapani a farla da padrona.

A questo, va aggiunto che il 75%* dei vigneti siciliani viene coltivato selezionando e riducendo al massimo l’utilizzo di fitofarmaci, grazie anche alle caratteristiche geo-fisiche dell’isola più grande del Mediterraneo quali:

  • l’ottima ventilazione dei vigneti posti in collina o in montagna;
  • l’effetto benefico di brezze e salsedine sui vigneti affacciati o in prossimità del mare;
  • l’importante irraggiamento solare;
  • la scarsa piovosità, concentrata in autunno e inverno, lontana dalle fasi di fioritura, sviluppo e maturazione delle uve;
  • l’assenza di fenomeni atmosferici violenti, come la grandine primaverile.

Fatte le dovute eccezioni, queste condizioni ottimali allontanano molte delle criticità a cui sono soggetti i vigneti, come muffe, parassiti o sviluppo di malattie dovute alla mancanza di sole o alle temperature troppo rigide.

*dati del Consorzio DOC Sicilia

Gorghi Tondi in biologico dal 2016

Tenuta Gorghi Tondi prende il nome dall’omonima zona naturalistica protetta, Lago Preola e Gorghi Tondi. Questo dato di fatto ne fa una meta paesaggistica di grande interesse, un luogo in cui l’ambiente è tutelato da decenni e convive in armonia con la viticoltura.

Il logo Gorghi Tondi
Il logo Gorghi Tondi

In termini di certificazione biologica, questo ha rappresentato un grande vantaggio. La particolare ubicazione di alcuni vigneti aziendali, che ricadono all’interno della Riserva Regionale Integrale di Lago Preola e dei Gorghi Tondi, ha consentito di classificare come biologici alcuni dei vini prodotti in azienda già dal 2014. 

Si tratta, chiaramente, delle vigne situate all’interno della riserva, che è anche oasi WWF dal 1998, in cui Tenuta Gorghi Tondi vanta ben 35 ettari di proprietà (sui 350 totali). Questi hanno beneficiato della cosiddetta abbreviazione del periodo di conversione del vigneto, iniziata per tutti gli appezzamenti nel 2013. La certificazione “anticipata” è stata possibile poiché la zona protetta è soggetta a vincoli ambientali molto rigorosi dagli inizi degli anni Novanta, permettendo, quindi, di verificarne l’idoneità con largo anticipo rispetto ai tre anni richiesti dal normale iter di conversione al biologico.

Nel 2016 i restanti vigneti di Tenuta Gorghi Tondi hanno completato il percorso di conversione e ricevuto la certificazione biologica. Questo vuol dire che dalla vendemmia dello stesso anno, i vini prodotti nella tenuta di famiglia possono riportare in etichetta l’euro-foglia e la dicitura “vino biologico”, come da normativa europea.

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